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Nel saggio "Dignità del cristianesimo e indegnità dei cristiani", pubblicato nel 1928 a Parigi, quando già si trovava in esilio, Berdjaev riflette sulla crisi del mondo moderno (la cui massima espressione rintraccia in quegli spiriti che animano la rivoluzione russa: socialismo, ateismo e nichilismo, esiti naturali del positivismo umanistico), interpretandola come crisi del cristianesimo storico. Proprio la rivoluzione, sintomo della moderna spaccatura individualistica tra giustizia sociale e spiritualità, rappresenta innanzitutto una questione metafisico-religiosa, così come il messianismo rivoluzionario corrisponde alla mistificazione socialista dell'escatologismo cristiano. Convinto che soltanto la riscoperta delle radici cristiane permetta all'uomo di recuperare la sua originaria vocazione, Berdjaev annuncia l'avvento di una nuova epoca di rinascita spirituale, di un cristianesimo rinnovato in cui si è chiamati a realizzare attivamente la «religione della libertà e dell'amore».